Il libro RETAIL 4.0 illustra chiaramente come molte tecniche note come Omnichannel, Lean Startup Process, Customer Journey e via discorrendo stiano diventando ormai dei must-have per chiunque lavori nel settore del retail, a qualsiasi livello.
Vorrei analizzare, in questa sede, come tutto questo può trovare applicazione nell’ambito dell’arredamento, specie nella produzioni di mobili, complementi d’arredo o, in senso più lato, nella produzione di rivestimenti.
L’interrogativo principale su cui concentrarsi è: in un settore come questo tipicamente connotato – almeno a livello industriale – più da relazioni B2B che da un rapporto stretto tra brand e consumatore finale, come fare ad adottare una strategia che aiuti le aziende che ne fanno parte a governare in modo proficuo la propria transizione verso un approccio, appunto, 4.0?
La risposta sta innanzi tutto nella presa di coscienza di come le tecnologie digitali stiano sempre più impattando anche quest’area del mercato ( dato ormai ampiamente noto, nonché fattore accomunante per tutti).
E proprio sulla base di questa presa di coscienza, è necessario plasmare la propria forma mentis verso la capacità di adattamento, perché nonostante un determinato business possa essere composto prevalentemente da distributori o contractors – che da soli compongono una grossa fetta del suo fatturato – un simile modello di business non è più conforme ai cambiamenti in atto nel mercato globale.
Questo soprattutto a causa del fatto che gli effetti primari della digitalizzazione per i brand con vasti reti distributive non proprietarie ,o addirittura B2B, sono in prima istanza la cosiddetta democratizzazione dei contenuti (sempre più persone sanno chi sei perché si informano più facilmente) e, in secondo luogo, la sempre più veloce disintermediazione dei rapporti (trovandoti più facilmente online i consumatori sono spinti più facilmente ad interloquire direttamente con te, anche se non gestisci direttamente la rete commerciale / distributiva).
Ed ecco perché le 10 strategie citate nel libro, sono – tutte – adottabili concretamente seppur con qualche distinguo che vado ad esporre di seguito.
Regola numero 1: “Be invisible”
La tecnologia, se fine a sè stessa, ingombra…occorre quindi renderla invisibile.
Anteporre la tecnologia agli obiettivi per cui la si vorrebbe impiegare è un esercizio tanto inutile quanto costoso.
L’approccio corretto comporta invece chiarirsi prima quelli che sono gli obbiettivi, per poi individuare come la tecnologia può essere d’aiuto per il conseguimento degli stessi.
In secondo luogo, SE – e sottolineo – solo se si valuta necessario, l’elemento di innovazione andrà reso il più possibile invisibile: ovvero gli utenti non devono quasi accorgersi che la stanno usando.
Un esempio concreto di quanto appena spiegato sono le web app; strumenti che non richiedono l’installazione di applicazioni. Il vantaggio di tali strumenti è che, dati alla mano, sono molto più utilizzati rispetto alle app che richiedono download. Appare quindi poco conveniente impegnare risorse economiche nonché di tempo nello sviluppo di queste ultime. Molto meglio, piuttosto, implementare una tecnologia semplice che sia integrata direttamente sul sito web.
Vale la pena inoltre ricordare che se l’innovazione dev’essere – come detto -“invisibile”, gli utenti non avranno bisogno di impararne l’utilizzo ma lo troveranno naturalmente intuitivo.
In conclusione: il tuo approccio più che tech, rendilo… TOUCH.
Regola numero 2: “Be seamless”
Siamo tutti connessi, aziende e buyer compresi.
Tendenzialmente, il cliente tipo, prima effettua una ricerca online (soprattutto se nell’ambito del b2b), ed in seguito si reca nello store a vedere.
Ma può anche succedere il contrario… ad esempio in un’occasione come quella del Salone del Mobile, può facilmente capitare di girare per la Fiera e per caso imbattersi in uno stand di un brand che non si conosceva.
Qui abbiamo due scenari diversi che il marketing 4.0 definisce: il webrooming e lo showrooming.
Nel primo caso i negozi fisici sono esclusivamente degli spazi espositivi, nel secondo caso (più diffuso nell’ambito dell’arredamento, ma non solo, vedi per esempio l’automotive e più in generale laddove gli acquisti siano a più alto coinvolgimento) invece, gli utenti tendono a rimbalzare più volte tra i touch point digitali e quelli fisici.
Siamo quindi di fronte ad un fenomeno chiamato anche phygital marketing, dove fisico e digitale si ibridano a vicenda.
E sta proprio qui il fulcro della questione: la chiave di volta per la digital trasformation nell’interior design è l’integrazione tra canali online ed offline.
Attenzione però a non confondere questo concetto con il termine – sempre più sentito – multichannel. Multichannel, ovvero “molti canali”, è una nozione piuttosto datata atta a descrivere una strategia d’uso di diversi canali a seconda del target e delle diverse strategie. Modus operandi che oggi può rivelarsi pericoloso in quanto – come detto in premessa – il consumatore finale (nonché i distributori, gli agenti e via dicendo) ha ormai moltissimi modi per trovare ciò che cerca online. Si profila dunque la necessità di un approccio differente, che sia potenzialmente meno conflittuale.
Oggi si parla quindi di Omnichannel: un approccio olistico che ripensa in toto la presenza dei brand su tutti i canali (compresi quelli fisici dei retailer o distributori), in modo circolare.
Significa ripensare – e progettare – ogni punto di contatto in modo tale da offrire all’utente finale un’esperienza che faccia percepire il brand come un continuum del touch point precedente.
Se pensato in questi termini allora l’aiuto della tecnologia digitale diventa realmente un facilitatore interessante…
Regola numero 3: “Be a destination”
I clienti acquisiti e quelli potenziali, cercano unicità, non superiorità tecnica.
Quindi sarà utile presentare i propri prodotti in un’atmosfera magica, che li rendano altamente appetibili. Devono desiderare i prodotti offerti. Devono guardare un post su Instagram e avere curiosità di andare a visitare il sito associato. Devono visitare il sito e avere voglia di recarsi da un distributore fisico. Devono arrivare in negozio e ritrovare la stessa identica emozione che gli è stata trasmessa fino ad ora.
Per ottenere tutto questo è necessario in primis curare l’immagine e soprattutto la sua coerenza tra i vari canali. In secondo luogo occorre essere in grado di tracciare metodicamente questo percorso. Ancora una volta la tecnologia acquisisce un senso concreto.
Regola numero 4: “Be loyal”
Creare relazioni di fiducia e relazioni di lungo termine con i clienti è il must have per la quasi totale maggioranza di chi lavora nel settore arredo e più in generale per chi lavora nell’ambito b2b.
Questo concetto potrebbe facilmente apparire banale ma ciò che è meno banale è come fare a rafforzare o a far evolvere in vere e proprie partnership i rapporti con i propri clienti. Una strategia – per chi se lo può permettere – è la modalità di membership con sconti e listini dedicati (già piuttosto utilizzata nel settore), oppure si posso implementare tecniche di marketing quali le cosiddette value ladder (introduzione molto graduale di proposte di valore che necessitino di un impegno sempre più importante da parte del cliente.
Regola numero 5: “Be personal”
Siamo tutti bombardati da informazioni, pubblicità, proposte…abbiamo a disposizione una quantità quasi eccessiva di alternative. Un approccio uno a molti, quindi, è facilmente percepito come freddo, fallendo nel raccogliere quei pochissimi minuti di attenzione che nessuno, tra l’altro, vuole veramente dedicare.
Bisogna piuttosto pensare ad una modalità che contempli due concetti di cui il primo è quello della customizzazione, cioè rendere possibile al cliente di scegliere le caratteristiche del prodotto che vuole. Un esempio pratico sono i configuratori 3D sui siti di automobili o di interior design.
Il secondo concetto, strettamente connesso al primo, è quello della personalizzazione. La differenza tra customizzazione e personalizzazione sta nella conoscenza delle PREFERENZE del proprio cliente (anche data magari dal tracciamento delle attività che ha fatto – per esempio – sul configuratore), che permette di personalizzare l’offerta sulla base appunto delle sue preferenze.
Due approcci integrati proattivi il cui punto di atterraggio finale è la fiducia che viene instillata nel cliente, il quale si sentirà (e a buona ragione) importante avendo ricevuto cure ed attenzioni specificatamente su misura per lui. Importante sottolineare che quanto appena esposto è assolutamente fattibile anche in un contesto di b2b.
Regola numero 6: “Be a curator”
Le città diventano sempre più grandi, gli affitti costano sempre di più, i negozi fisici in centro costano sempre di più. Di conseguenza i metri quadri a disposizione diventano sempre meno, per una semplice ragione di costi. Ha senso quindi evolvere lo spazio fisico andando sempre più incontro ai servizi per il cliente, creando un “luogo” dove l’esposizione trovi un prolungamento dell’assortimento sui canali digitali. A questo scopo si possono mettere a disposizione dei retailer tecnologie quali Realtà Aumentata, con QR code in store o cataloghi cartacei dotati di link al catalogo online.
Una chiave che tra l’altro consente di eliminare la cosiddetta coda lunga del magazzino, creando una combinazione efficace tra produzione e vendite.
È chiaro che questa strategia debba passare per un’attenzione al dettaglio, come già sottolineato, degli spazi on e offline, dove una conoscenza – ed un relativo adeguamento della comunicazione – dei target di riferimento è fondamentale.
Regola numero 7: “Be Human”
Il digitale è tutto, ma non tutto è digitale. Le persone lo sanno, e desiderano normalmente contatti umani. Rimane quindi importante mantenere una modalità di comunicazione con una persona fisica all’interno dei touch point digitali, tanto quanto inserire nelle comunicazioni “umane”, touch point digitali.
Ma al di là di questo, la comunicazione di qualsiasi business sarà più d’effetto se conforme alle modalità espressive di un essere umano. Per esempio per quanto riguarda un catalogo, sarà più efficace privilegiare nello storytelling gli ambienti, prima dei prodotti. Se possibile, o dove non serve averli esposti, meglio togliere i codici prodotto dalla vetrina online.
E infine, se si vuole usare la tecnologia, dovrebbere essere al fine che conceda più tempo per ascoltare, e valorizzare, le relazioni con i propri clienti. Non per evitare di parlarci.
Chatbot si, ma con moderazione!
Regola numero 8: “Be boundless”
L’equazione secondo la quale retail coincide solo con i distributori ed e-commerce con il sito web va ormai superata. Occorre piuttosto sottoscrivere accordi, preparare alleanze e cercare di trasferire il massimo della libertà al cliente.
Click & collect, Click & subscribe, Click & commute, Click & try e click & reserve.
Sono locuzioni sempre più utilizzate che indicano, in sintesi, una quantità di modalità diverse attraverso le quali il consumatore finale (che sia lo studio di architettura o l’acquirente a cui proporre mobili) possa provare, vedere, comprare, testare i prodotti offerti. La parola chiave quindi, come già sottolineato, è massima apertura nelle modalità d’acquisto.
Sulla base di quanto appena esposto, moltissimi business del settore potrebbero pensare di dover rivoluzionare completamente la propria filiera, e probabilmente è così! Questo processo però può essere messo in moto in maniera graduale e certamente porterà in breve tempo i suoi frutti in termini di percentuale di ritorno d’acquisto.
Regola numero 9: “Be esponential”
Per questo punto l’obiettivo è superare i propri confini grazie alle collaborazioni. Le partnership – come detto nel paragrafo precedente – sono un volano tramite il quale arrivare su mercati dove altrimenti non si arriverebbe.
Qui si presentano due opzioni. La prima, quella classica, di altri o di nuovi retailer, magari online. La seconda, più complicata ma più affascinante, vede protagonisti i brand corollari. Parlo di collaborazioni molto mirate che possono portarte a una visibilità che altrimenti non difficile da raggiungere. Per portare un esempio attinente al settore, un’operazione come questa è quella che ha visto Riva1906 e Lamborghini collaborare alla nuova collezione minimalista di Karim Rashid.
Regola numero 10: “Be Brave”
In ultima istanza, il cambiamento è già in atto, e non bisogna avere paura di affrontarlo e di gestirlo. Se si vuole intraprendere questa trasformazione, risulterà utile adottare un approccio da startup. Tecniche come model business canvas, il growth haking e il design thinking possono fare la differenza, conoscerle può essere senz’altro d’aiuto.
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